New York è la città che non dorme mai: in ogni strada
risuonano lingue e culture diverse, tanti rumori, tanti suoni, tante
voci. Ma c'è un angolo nel cuore di Manhattan dove, nonostante il
traffico e i grandi grattacieli pieni di uffici e negozi, il silenzio
blocca il tempo.
Due enormi piscine nere quadrate, l'una accanto all'altra,
rappresentano un luogo dove l'unico rumore permesso è quello dell'acqua
che vi scorre dentro. Un rumore grigio, lento e pieno di parole. Questo è
il Ground Zero nel 2015, quattordici anni dopo l'attentato che
distrusse le torri gemelle. Le due piscine occupano l'esatto perimetro
che fu delle Twin Towers e le lastre di cui sono rivestite,
ricordano i nomi di tutte le persone che quel giorno persero la vita. Un
intervallo di bianco qui e la interrompe il profondo nero delle due
voragini: sono rose bianche lasciate accanto ai nomi dei caduti, da
passanti, amici, parenti o da chiunque non voglia dimenticare.
Teorie del complotto o terrorismo, oggi non è il giorno di discutere
su chi provocò il disastro, ma solo il giorno per ricordare chi quel
giorno fu sommerso dalla polvere. Melanie El Sabaawi è americana,
di Washington, oggi residente ad Ospedaletti. L'11 settembre si trovava
in Egitto, come unica americana in un ufficio di persone arabe e
musulmane. Ecco cosa le successe quel giorno:
“L'11 settembre 2001 mi trovavo al Cairo, in Egitto, e vidi il
dramma tramite la televisione, nell'ufficio del mio capo. Ero l'unica
americana in quella stanza, ma i miei colleghi egiziani erano sconvolti e
condivisero con me paura, shock e lacrime. Alla sera, quando andai a
comprare da mangiare in un negozio della città, il proprietario, un uomo
dai vestiti tradizionali arabi e che non sapeva una parola di inglese,
per esprimere la sua solidarietà nell'unico modo che conosceva, non ha
voluto che pagassi. Come lui, so che ci sono stati altri piccoli
simbolici gesti simili in tutto il mondo. L'11 settembre abbiamo visto
il peggio dell'umanità, ma anche il meglio, per condivisione e unità.
Quando c'è bisogno, le persone sanno come aiutare e supportare i loro
simili. Quello a cui penso l'11 settembre di ogni anno è l'amore che le
persone sono state in grado di condividere. Ci sarà sempre un nemico nel
mondo, ma dobbiamo pensare che ci saranno sempre anche i buoni”.
Molti parenti delle vittime quel giorno ricevettero telefonate
dall'interno delle torri. Ne riportiamo una fra tutte, per ridare a voce
a chi, anche nell'ultimo secondo, ha provato a rassicurare chi amava,
piuttosto che se stesso:
“Ti telefono perché non voglio che ti preoccupi quando sentirai
cos’ è successo. Un aereo è caduto sulla nostra Torre. Non agitarti, sto
bene. Stiamo evacuando l’edificio. Devo andare”
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