“L’uomo è un animale sociale”.
Questo lo affermava Aristotele nel IV secolo a.C. e si sbagliava. La
frase giusta sarebbe stata, ed è, “l'uomo è un animale”
e in quanto tale non segue ragioni o cuore, ma solo l'istinto di
sopravvivenza. Perché se è pur vero che i secoli passano e il tempo
cambia qualsiasi cosa, l' indole umana, rimane sempre la stessa.
Domani inizia il Festival di Sanremo:
67 anni di canzone italiana, miliardi di euro, vip, televisioni,
radio, moda e qualsiasi cosa faccia spettacolo, il tutto recintato da
mostruosi blocchi in cemento armato, foderati per far sembrare la
situazione meno grottesca.
Una intera città chiusa nelle strade
principali, dove chi è dentro finge con consapevolezza di sentirsi
al sicuro e chi è fuori spaventa, con ideali incomprensibili, con un
dio della guerra e con furgoncini bianchi scassati, sporchi di
sangue.
I muri si costruiscono per paura. Nel
1961 il diavolo parlava tedesco e Berlino venne divisa. I muri sono
fatti per appoggiarvisi e piangere, come si fa Gerusalemme. I muri
sono fatti per creare le distanze, come si fa con chi non si vuole
accanto. A Sanremo i muri sono posticci e installati per evitare che
un mezzo impazzito distrugga tutto e tutti portando via un po' della
già misera dignità italiana, in questi giorni sulle televisioni di
tutto il mondo.
I muri di Sanremo sono un realtà un
monumento: alla paura, alla resa e all'attesa che capiti qualcosa,
mentre il disco rotto continua a suonare. Una tipica storia
all'italiana.
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